GUARINI NICOLAS — 745508 (VA)


Cos’è un motore scacchistico?

Per poter analizzare e ripercorrere la storia e gli avvenimenti che hanno portato alla nascita e allo sviluppo dei motori scacchistici che hanno battuto i più grandi scacchisti della storia moderna, bisogna prima capire che cos’è un motore scacchistico:

Un motore scacchistico (o, dall’inglese, chess engine) è un programma che implementa il back-end di un software per il gioco degli scacchi.

Un motore scacchistico è quindi quella componente in grado di analizzare una posizione sulla scacchiera (virtuale o fisica), valutare una serie di mosse ottimali (chiamate mosse candidate) e scegliere quale sia la migliore, analizzando per ognuna i possibili sviluppi della partita e scegliendo quindi la più forte.

Essendo una componente back-end, esso va necessariamente combinato a un’interfaccia grafica, che può essere una scacchiera virtuale vera e propria, oppure, più semplicemente, uno schermo che mostra la mossa da eseguire sulla scacchiera, e prende in input la mossa dell’utente (il tutto tramite una notazione standard chiamata Notazione Algebrica).

Radici storiche

I primi automi relativi al gioco degli scacchi videro luce già nel corso del XVIII secolo.

Tuttavia, molti di questi automi erano in realtà delle truffe ben organizzate: infatti, questi venivano in realtà guidati da esseri umani. Gli esempi più ecclatanti di questi automi-truffe sono, per citarne alcuni, “Il Turco”, “Mephisto” e “Ajeeb”.

Negli anni successivi sono anche stati sviluppati degli automi reali e funzionanti, dei veri capolavori di ingegneria se si pensa all’epoca che li ha partoriti. Primo fra tutti l’automa “El Ajedrecista”.

L’automa “El Ajedrecista”

L’automa “El Ajedrecista” è considerato il primo automa scacchstico della storia, nonchè il primo in grado di giocare a scacchi senza una guida umana. Venne costruito da Leonardo Torres y Quevedo nel 1912 e trovò il successo quando, due anni dopo la sua invenzione, venne presentato al Salone Mondiale di Parigi, che lo portò ad essere citato su importantissime riviste americane.

L’automa era in grado di giocare la fase finale di una partita di scacchi con tre pezzi: i due re e una torre. Il funzionamento di questo automa era molto rudimentale: consisteva in degli elettromagneti posti al di sotto della scacchiera, che permettevano di muovere, tramite un semplice algoritmo, un re e una torre contro un avversario umano che muoveva il re.

L’automa “El Ajedrecista”, esposto presso il Colegio de Ingenieros de Caminos a Madrid.

L’automa “El Ajedrecista”, esposto presso il Colegio de Ingenieros de Caminos a Madrid.

Sebbene riuscisse a vincere tutte le partite che giocava, e fosse anche in grado di rilevare una mossa illegale dell’avversario emettendo un segnale, si trattava comunque di un algoritmo molto semplice, che non era in grado di dare scacco matto nel numero minimo possibile di mosse e nemmeno entro le 50 mosse necessarie per evitare la patta (Regola delle cinquanta mosse).

Deep Thought: il capolavoro di Feng-hsiung Hsu e (successivamente) di IBM

La nascita dell’informatica ha anche permesso un esponenziale sviluppo dei motori scacchistici e delle correlate intelligenze artificiali. In questi anni sono stati sviluppati diversi algoritmi sempre più forti come quello del sovietico Michail Botvinnik, tuttavia nessuno è mai riuscito a realizzare un valido software scacchistico in grado di eguagliare la forza-gioco umana.

Il vero cambiamento è arrivato quando l’informatico cinese Feng-hsiung Hsu progettò il primo computer in grado di sconfiggere un giocatore umano in condizioni regolamentari: Deep Thought.